Alò che se mangia?
Rubrica di cucina per veri aretini, perché è bene ricordare che un’altra verità storica della nostra terra è senza dubbio la buona cucina: vini e piatti imperdibili, da riscoprire, rari e unici nel loro genere.
Partendo dalla situazione territoriale e agricola originaria, dopo l’anno 1000, una cucina figlia, di grande povertà e di grande ingegno in una terra aretina che ricorda, più delle altre, quella contadina dura e aspra dei romanzi di Federigo Tozzi. Da questo suolo culturale, duro, magro e discreto nasce tanto più sorprendente la pianta di una cucina piena non solo di carattere, ma di complessità e finezze che andranno ad arricchire, tramite i traffici ecclesiastici di Avignone, anche la base della cucina francese.
“I GRIFI all’aretina”
Questa rassegna di cucina aretina non poteva che iniziare col piatto principe dei veri aretini, “i grifi“: una ricetta antichissima come la terra dove è nata, quasi sconosciuta alle nuove generazioni, i grifi altro non sono che le parti magre e muscolose del muso del vitello di razza Chianina, comprese le guance e le labbra che, venivano ripulite dalle parti più grasse, tagliate a pezzetti e il tutto fatto stufare con odori, acqua e vino rosso in un tegame. La carne così insaporita era scolata e cotta in altro tegame con altri odori, olio extra e poi sfumata con altro vino bianco e portata a fine cottura con molta passata di pomodoro ( quella fatta in casa nei barattoli bolliti di agosto), messa fino a coprire la carne, a fuoco bassissimo fino al completo assorbimento. Era raro che le famiglie contadine possedessero un grande numero di vitelli da carne ma qualora ne possedevano qualcuno, di certo si trattava di animali di razza Chianina. Erano bestie magre, forti, imponenti e per questo assai adatte al lavoro nei campi. Nella tradizione popolare aretina, cucinare la vitella chianina era una rarità, le poche volte che braccianti e contadini riuscivano ad averla veniva utilizzata fino all’ultimo taglio, senza buttare via niente. Una volta macellato il vitello, le parti del muso venivano ripulite delle sezioni più grasse, tagliate in pezzetti venivano messe a stufare. I grifi diventavano un piatto nutriente e gustoso e lo sono tutt’oggi, ed ancora possono considerarsi pronti solo nel momento in cui la consistenza della carne è morbidissima.
I GRIFI ALL’ARETINA (ricetta) – come ogni pezzo di storia che si rispetti, ciascuno conosce una sua versione e per seguire la ricetta della tradizione dovremo tenere in considerazione circa un chilo e mezzo di pezzi di grifi. Vengono posti in commercio già lessati, in genere sotto il nome di “musetto di vitella” al quinto quarto All’acquisto, per seguire la ricetta della tradizione, dovremo acquistare circa un chilo e mezzo/due chili di pezzi di grifi (comunque si considerano circa 250 g a testa), perché c’è abbastanza scarto e riduzione di peso nella cottura.
Ingredienti: – 500 g di grifi di vitella chianina (per 2 persone)- 1 cipolla- olio evo 1 cucchiaio, passata di pomodoro (fatta in casa nel barattolo) q.b a coprire i grifi – 2 bicchiere di vino rosso – 5 chiodi di garofano- Timo fresco- spezie: 7/8 bacche di ginepro, noce moscata, scorza di limone, pepe e sale- (sedano, carota, cipolla e prezzemolo per fare un battuto) più altri odori per bollire i grifi.
Preparazione: pulire e tagliare a pezzetti i grifi. Fare bollire i grifi con un bicchiere d’acqua e una scorza di limone, per 20 minuti. Quando l’acqua inizia a ridursi, aggiungere una cipolla infilata con i chiodi di garofano, un pizzico di timo, pepe e sale. Versare poi un bicchiere di vino rosso e aspettare che anche questo sfumi. Poi In un tegame di coccio mettere olio evo, sedano, carota, cipolla e prezzemolo tritati e far soffriggere, aggiungere i grifi scolati, farli rosolare a fuoco vivace, sfumare con il vino bianco e unire la passata di pomodoro sciolta in poca acqua tiepida, fino a coprire la carne, salare e speziare con noce moscata e timo nella misura di vostro gradimento. Far cuocere lentamente a fuoco bassissimo, coprire la pentola con un coperchio e portare a fine cottura, per una ora e mezzo circa fino a che i grifi non saranno teneri, facendo attenzione che non manchi mai l’umido. Servire appena terminata la cottura, caldissimi con un pizzico di prezzemolo e di alloro (rigorosamente freschi dell’orto) e soprattutto con un’orcello di pane macinato a pietra di Rinbocchi, messo sopra al sugo a lato del tegame seguendo la vera tradizione .
Procuratevi poi questo vino “Poventa” IGT Azienda Agricola Buccelletti prodotto nell’incontaminata Valle di Chio, questo vino a base di Sangiovese e Syrah, affinato 9 mesi tonneaux di rovere, unisce la tradizione al territorio. Vestito di un rosso rubino brillante presenta all’olfatto delicate ma profonde note fruttate di amarena unite ad accenni speziati, con tracce di pepe nero che chiudono l’olfatto. In bocca entra morbido, bilanciando freschezza e tannini. Si abbina perfettamente con i grifi all’aretina, per i quali il vino ha vinto il concorso “Un vino per i grifi”, proposto dall’Associazione Italiana Sommelier Delegazione di Arezzo nel 2013.
Riepilogo: in questo triste periodo, in cui non si può uscire di casa io consiglio di prepararvi questo delizioso piatto delle nostre tradizioni, visto che non si può andare a mangiarli al ristorante dell’Osteria “L’Agania” di via Mazzini (il santuario dei Grifi, storica trattoria della città da anni autentico punto di riferimento per gli amanti dei Grifi all’Aretina), oppure nella celebre Sagra del Tegame, che da anni studia la vera ricetta dei grifi e la propone alla mitica sagra a settembre. Quindi: fatevi aiutare dalla moglie ,dalla mamma , dalla suocera o dalla nonna, andate a comprare i grifi alla Macelleria Rossi davanti al palazzo standa, procuratevi le verdure e le spezie dal fruttivendolo (si può uscire per andare a comprare prodotti alimentari), per il sopra citato vino, dovrebbe essere in vendita all’enoteca dell’Esselunga.
Buon lavoro e preparate questo indimenticabile piatto del territorio aretino, mantenendo alto il senso di appartenenza alla nostra città!
a cura di Rubbio