La Storia Siamo Noi – Sandro Tovalieri
Quando Sandro Tovalieri arrivò ad Arezzo in molti si accorsero che il ragazzo ci sapesse fare con il pallone, anzi si capì fin da subito che il 19enne di Pomezia fosse un predestinato. Per moltissimi (Vecchia Guardia e El Ghetto in primis) Tovalieri è stato il giocatore più forte mai passato ad Arezzo, per quelle sue movenze feline, quel tocco di palla felpato “il suono quando calciava il pallone era diverso rispetto agli altri” e per quel saper fare goal, che poi lo ha contraddistinto in tutta la sua lunga carriera. Non a caso alcuni anni dopo venne ribattezzato “il Cobra” e se ancora adesso a distanza di oltre 25 anni dal suo record di goal in A (17 reti nella stagione 94-95 con il Bari) viene chiesto a qualche appassionato chi sia “il Cobra” non potrà che rispondere: Sandro Tovalieri.
Quando e come sei arrivato ad Arezzo?
“Venivo da un grande stagione a Pescara in B, dove a 18 anni avevo segnato 10 reti, e la Roma, proprietaria del mio cartellino, mi mandò a giocare nell’Arezzo, che era una squadra importante in cadetteria, tanto che l’anno prima aveva sfiorato la serie A. Oltretutto i rapporti tra gli amaranto ed i giallorossi erano ottimi e molti giovani della Roma venivano a giocare ad Arezzo. (tra gli altri anche Fabrizio di Mauro, Antonio Di Carlo ecc.). Allora le società di serie A mandavano i giovani a “farsi le ossa” in serie B per poi farli tornare alla base.
Quale fu l’impatto con la tifoseria e la città?
“L’impatto fu bellissimo perchè i tifosi trepidavano in attesa del mio arrivo; l’anno prima, come detto, avevo fatto 10 goal a Pescara ed ero considerato uno dei giovani più promettenti. Il presidente Terziani, di cui conservo un grande ricordo, aveva organizzato una bellissima festa in Piazza Grande, a cui parteciparono quasi 10.000 persone ed i tifosi mi acclamarono con enorme entusiasmo. Mi ricordo che venni chiamato per ultimo – per l’Arezzo essersi accaparrato Tovalieri era stato un grande colpo di mercato – e ci fu il boato del pubblico; per me che avevo solo 19 anni fu veramente emozionante. Non posso che ringraziare Arezzo per il grande calore che mi ha sempre riservato.
Come fu il primo anno ad Arezzo?
L’annata da un punto di vista personale fu molto buona perchè a soli 19 anni riuscii ad eguagliare il bottino della stagione precedente (10 goal). Purtroppo i risultati non furono molto positivi, nonostante la squadra avesse un buon potenziale. Conservo un grande ricordo di mister Enzo Riccomini che fin da subito credette in questo giovane calciatore e mi permise di esprimere le mie doti. Devo precisare che all’epoca segnare era molto più difficile (“i 15 goal di allora, valgono i 30 di adesso”) perchè le difese erano più arcigne ed onestamente i difensori erano più forti, perchè sapevano difendere, soprattutto a uomo.
Che rapporto avevi con i compagni di squadra?
Avevo 19 anni e, quindi, tutti gli altri giocatori mi trattavano quasi come un figlio, un fratello minore; ho trovato un gruppo di ragazzi splendidi ed uniti dall’amore per questa maglia. Non faccio torto a nessuno, ma voglio citare Menchino; Domenico – che ha 13 anni più del Cobra – mi ha sempre coccolato molto e, poi, era un grande giocatore sempre attento nel darmi consigli e nel farmi ambientare nella città. Ho un ricordo meraviglioso di Domenico e poi la rovesciata da libro Cuore di Menchino fu qualcosa di fantastico e ci dette i tre punti per la salvezza. Poi un bel legame si era creato con Fabrizio di Mauro (3 stagioni 84/85-85/86-86/87), che era romano come me, e con il quale facevo molto spesso i viaggi da e per Roma, ma devo dire di avere avuto un rapporto splendido con tutti.
Che tipo era di giocatore era Sandro Tovalieri?
Ero un opportunista, ambidestro, uno che viveva per il goal e che cercava di sfruttare gli errori dei difensori; giocavo nei 20 metri e vivevo in area di rigore. Quando passava una palla era difficile che la sbagliassi.Nel 1984 ero considerato uno dei giovani più promettenti del panorama italiano – per Riva e Liedholm era “il più grande prospetto italiano”, come riporta il libro Amaranto Siamo Noi di Emiliani e Raffaelli.
Quando andasti via e perchè tornasti?
Dopo la stagione in prestito (10 goal e anche due convocazioni in Under 21) la Roma e mister Eriksson mi vollero riportare alla base e giocai tutta la stagione in giallorosso (22 presenze e 3 goal) e quell’anno bellissimo sfiorammo lo scudetto (la famosa Roma-Lecce 2-3) e vincemmo la Coppa Italia, dove segnai in finale. A quel punto, però, ero ancora giovane e volevo giocare con continuità, cosa che alla Roma non era possibile e, così, dopo un’annata ad Avellino, venni contattato dall’Arezzo nella stagione 1987-88; la società aveva stilato un programma molto ambizioso per tentare l’assalto alla serie A in due stagioni, mi ero trovato benissimo in città e, perciò, decisi di tornare ad Arezzo.
Purtroppo tutto andò male perchè la squadra, pur composta da giocatori importanti e con Bolchi mister, retrocesse in modo brutto ed io mi ruppi il crociato ed allora un infortunio del genere ti faceva stare fermo un anno.
E le stagioni in C come furono per Tovalieri?
Come detto per riprendermi dal grave infortunio patito la stagione precedente rimasi fuori moltissimo tempo, tanto che il primo anno di C (1988-89) giocai pochissimo (9 presenze ed 1 goal). Poi l’anno dopo mi ristabilii da un punto di vista fisico e ripresi a far goal con grande continuità, tanto che segnai 18 reti stagionali, ma nonostante questo il campionato fu ancora molto deludente – l’Arezzo chiuse la stagione in tredicesima posizione – . In quegli anni avevo stretto una bella amicizia con Francesco Dell’Anno (ha militato ad Arezzo per 3 stagioni – 86/87-87/88-89/90) con cui mi trovavo benissimo sia in campo – “era un talento fuori dal comune” – che fuori.
Il goal più importante che hai segnato e la partita più importante?
Premetto che per uno come me che viveva per il goal, le reti sono tutte belle e tutte importanti. Però ricordo con grande emozione un Arezzo- Parma al Comunale (26 maggio 1985), dove perdevamo 2 a 0 e vincemmo in rimonta 3 a 2 con una mia doppietta e con goal di Raggi; quella vittoria fu molto importante perchè ci dette un ulteriore spinta per salvarsi. Un altro goal che ricordo con immenso piacere è quello in amichevole contro il Napoli di Maradona, quando segnai con un gran tiro al volo all’incrocio dei pali e, poi, a diciannove anni giocare e segnare contro il più grande giocatore al mondo fu qualcosa di fantastico. Anzi, per dirla tutta, quell’anno segnai anche in Coppa Italia quando andammo a giocare in un San Paolo gremito e sempre contro il grandissimo Diego.
E poi nel 1990 lasciasti Arezzo e la tua carriera decollò.
Dopo l’ultimo stagione di C in cui segnai 17 reti, ma la squadra ebbe risultati negativi, le nostre strade si divisero e, perciò, lasciai Arezzo e, devo dire, che da quel momento la mia carriera ebbe una svolta perchè andai ad Ancona e vincemmo il campionato, passai al Bari e vincemmo il campionato e l’anno dopo (94-95) mi affermai in A con 17 reti. Però non posso che ringraziare Arezzo considerato che, dopo il gravissimo infortunio, mi dette la possibilità di riprendermi e fare una grande annata in C che mi rilanciò nel calcio professionistico.
Che rapporto hai adesso con Arezzo e con l’Arezzo?
Seguo i risultati dell’Arezzo e di tutte le squadre nelle quali ho militato. E mi dispiace sempre quando leggo di fallimenti societari oppure di retrocessioni in categorie che non appartengono alle realtà nelle quali ho militato. L’anno scorso l’Arezzo ha fatto un grande campionato ed è uscito ai playoff in una stupenda sfida contro il Pisa. Spero veramente che possa tornare in B per dare lustro ad una città e ad una società che si meritano la cadetteria.
Cosa fai adesso nel mondo del calcio?
Ho smesso da poco tempo di allenare vicino a Bari (Modugno Calcio) ed ora sono responsabile del settore giovanile calcio del Falaschelavinio (vicino Roma) e mi voglio dedicare ai ragazzi, anche perchè tra giocatore ed allenatore “ho dato” tanto al mondo del pallone degli adulti e ora mi voglio divertire e basta!!
di David Bondi (Ferrero)