Arezzo-Pontedera: una disfatta che mette a nudo i problemi profondi
La sconfitta per 2-4 contro il Pontedera rappresenta un’umiliazione che va ben oltre i numeri: è il simbolo di una squadra allo sbando, priva di un’identità tattica e di un progetto chiaro. Una disfatta che, francamente, non sorprende più di tanto. I segnali di una crisi erano già evidenti a tutti; mi viene da dire che solo chi di dovere non li abbia visti.
Quella che si è vista in campo ieri sera è stata una squadra senza idee, senza un’anima e senza una guida forte e sicura. Il Pontedera ha avuto vita facile, trovando spazi e gol con una facilità imbarazzante. La difesa, disposta in maniera cervellotica, si è dimostrata inerme, mentre il centrocampo e l’attacco hanno prodotto poco e nulla. Una prestazione che ha giustamente scatenato la rabbia dei tifosi, stanchi di assistere a figuracce di questa portata.
Il malcontento dei tifosi, che già covava sotto la cenere, è esploso ieri sera con cori di protesta e critiche feroci sui social e una disaffezione sempre più evidente. Il segnale più chiaro della delusione è arrivato durante la partita stessa, quando gran parte della tifoseria ha abbandonato gli spalti prima del fischio finale. Un gesto eloquente, che testimonia quanto sia ai minimi storici il rapporto tra la squadra e il suo pubblico: i 700 spettatori paganti ne sono la viva testimonianza.
Adesso si parla con insistenza dell’esonero di mister Troise, ma una domanda sorge spontanea: perché si è aspettato così tanto? Dopo la disastrosa sconfitta contro il Perugia, i segnali di una crisi profonda erano evidenti. Quella doveva essere l’occasione per intervenire e cercare di dare alla stagione una svolta decisiva. Invece, si è preferito temporeggiare, aiutati anche dai risultati che, in maniera fortunosa, hanno mascherato la gravità del problema, aggravando una situazione già delicata.
Oggi, parlare di esonero sembra più un tentativo di placare la rabbia dei tifosi che una vera strategia per risolvere i problemi. Cambiare allenatore a questo punto potrebbe non essere sufficiente: il danno è fatto e la sensazione è che la società non abbia mai avuto una visione chiara su come costruire e gestire questa squadra. Voglio, però, essere obiettivo e sereno in quest’analisi: le colpe non sono attribuibili solo a mister Troise. La società ha una grande responsabilità in questa situazione, iniziando dalla mancata sostituzione di una figura fondamentale come quella di un DG, di un uomo di calcio che facesse da mediatore tra squadra e società e che sapesse gestire i momenti di difficoltà che, gioco forza, avvengono durante un campionato, passando dalla costruzione di una rosa con alcune lacune piuttosto evidenti; tutto questo si è ripercosso in maniera negativa sulla squadra e sul suo rendimento.
La fiducia dei tifosi è ormai, come dicevo, ai minimi storici e recuperarla sarà un’impresa titanica.
Adesso cosa facciamo? Le vie percorribili sono due: continuare su questa strada, rischiando di compromettere del tutto la stagione? Oppure prendere decisioni radicali e immediate? Ma, al di là di eventuali cambi in panchina, serve un progetto serio, una visione che riporti questa squadra a essere competitiva e che restituisca dignità a una città e a una tifoseria importante come la nostra.
La sconfitta contro il Pontedera non è solo un brutto risultato, è un punto di non ritorno. I tifosi, che hanno abbandonato gli spalti prima che la partita terminasse, meritano di più: più impegno, più rispetto e, soprattutto, una società che dimostri di essere all’altezza. Ora tocca a chi è al comando rispondere, perché la pazienza della piazza è finita.
di Andrea Enrici