Alò che s’arbeve – Trasferta a Livorno


IL CACCIUCCO LIVORNESE
– Storia, Mito e Leggenda di una Città –

Lo direste mai che un piatto così fieramente legato ad un territorio com’è, ha in realtà origini che portano lontano non solo dalla città labronica, ma addirittura molto lontano dall’Italia? Il Cacciucco è il re indiscusso della cucina livornese, il piatto tipico che non può mancare nei ristoranti, trattorie ed osterie della città e che è stato inserito nell’elenco delle ricette dei 461 Prodotti agroalimentari tradizionali Speciali della Toscana (Pat).

A Livorno è una vera e propria istituzione, al punto che esiste una rete di associazioni di enti locali impegnata a custodirne e valorizzarne la tradizione, in questo senso è stata istituita una certificazione 5C da rilasciare a ristoranti e osterie che lo preparano nel rispetto di un disciplinare. Stando alle fonti storiche della Fondazione LEM, sembra che tutto abbia avuto inizio a Karşıyaka, paese costiero della baia di Smirne in Turchia, qui era radicata l’abitudine di preparare la balik çorbası, un antico piatto povero a base di tagli di pesce rimasti invenduti e cucinati in umido con un’unica pentola e col solo accorgimento di aggiungerli in momenti diversi a seconda del tempo di cottura del tipo di pesce. Sarebbe stato il commerciante Ahmet, originario di Karşıyaka, a importare a Livorno la ricetta con cui sua madre proponeva la balik çorbası nell’osteria di famiglia, lui apportò una sola ma significativa variazione: eliminò i capperi presenti nella versione originale turca e aggiunse in seguito invece il pomodoro. Quindi a dare retta alla leggenda sopra citata, tra i tanti arrivati a tentare la fortuna a Livorno ci sarebbe stato anche questo giovane turco, figlio di un pescatore della baia di Smirne, forte dell’esperienza acquisita nell’osteria della madre, il cui cavallo di battaglia era una zuppa preparata con gli scarti della pesca del marito, il giovane appena giunto a Livorno avrebbe aperto a sua volta una taverna in cui, manco a dirlo, il piatto forte era proprio quello della mamma, pesci piccoli, quindi, poco costosi, che il ragazzo chiedeva al mercato ripetendo quasi ossessivamente la parola kuciuk. Da qui, pare, il termine Cacciucco, che avrebbe dato il nome sia al locale del giovane sia al suo piatto forte. A quanto narrato va infine aggiunto un dettaglio decisivo, infatti per quanto buona, la zuppa del nostro turco non era del tutto uguale a quella della sua mamma, per creare quello che ancora oggi è conosciuto come Cacciucco, il giovane pare abbia “rubato” un ingrediente alla cucina degli ebrei residenti a Livorno: il pomodoro che, giunto dal Nuovo Mondo grazie ai mercanti sefarditi, prima di diventare protagonista del piatto simbolo di Livorno lo era già di altre preparazioni di mare della comunità ebrea; dalle triglie al baccalà. A volersi attenere ai fatti, perfino alle carte bollate, per il Cacciucco alla livornese ci sarebbe addirittura un atto notarile, con il quale la ricetta tipica è stata depositata da un antico comitato di certificazione. Qui sono indicate le categorie di pesci e di frutti di mare (cinque come le “c” del nome) per un totale di varietà che la tradizione fissa tra i 13 e i 16 tipi di pesci, oltre alla percentuale richiesta per ciascuno di essi.


Tanto per cambiare, nella leggenda i tanti pesci di piccola taglia e di scarso pregio lo sono sicuramente per via della disponibilità economica di chi per primo ha iniziato a preparare questa bontà, nel Cacciucco infatti, sono bandite le varietà più pregiate, così come i pesci azzurri che, per quanto umili non sono di scoglio come vuole la tradizione. Secondo un’altra versione, il piatto sarebbe nato proprio dagli scarti, dei pesci invenduti dai pescatori perché troppo piccoli e magari perfino non troppo freschi che, camuffati da una spruzzata di aceto e da abbondante peperoncino, tornavano a essere degni delle tavole anche più esigenti. Si narra a tale proposito di una sorta di colletta fatta nel 1800 tra i pescatori per un loro compagno morto in mare: ognuno avrebbe offerto alla vedova del morto quanto gli era rimasto, mettendo in pentola le varietà più diverse di pescato offerto. Secondo un’altra versione, il cacciucco sarebbe stato inventato da un guardiano del Fanale, al quale era stato proibito di friggere il pesce perché l’olio serviva per alimentare la luce del faro del porto, così facendo il custode-chef avrebbe ideato una preparazione che in effetti di olio ne richiede ben poco.


Per certo è che il nome Cacciucco, viene dalla parola turca “kuciuk”, che vuol dire “piccolo”, “minuto”, in riferimento alle dimensioni dei pesci impiegati. Per il Cacciucco si è mossa anche l’Accademia della Crusca che ha stabilito che la grafia giusta del re della cucina livornese è solo ed unicamente quella con cinque ‘C’. Il fatto che in una città italiana il piatto tipico tragga il nome da una parola straniera non deve certo sorprendere, tanto più in un luogo come Livorno. Qui la mescolanza di genti provenienti da ogni dove, fin dalla costituzione livornina e dalle leggi emanate da Ferdinando I de Medici tra il 1591 e il 1593 con l’intento di sviluppare il porto franco a Livorno insieme a quello commerciale di Pisa, il granduca di Toscana chiamava a raccolta i “mercanti di qualsiasi nazione: Genovesi, Levantini, Ponentini, Spagnoli, Portoghesi, Grechi, Tedeschi, Ebrei, Turchi, Mori, Armeni, Persiani”, garantendo loro libertà di culto, di professione religiosa, politica e assicurava la libertà di esercitare un qualsiasi mestiere, sempre allo scopo di rafforzare lo sviluppo economico, offriva agevolazioni su alloggio e bottega e in più l’annullamento di qualunque condanna penale pregressa con l’eccezione di omicidio e di “falsa moneta”. In questo modo, dalla fine del Cinquecento la relativamente giovane città di Livorno si era arricchita di rappresentanti delle culture e delle religioni più diverse, con un occhio particolare a quella ebraica. Espulsi dalla Spagna e dal Portogallo alla fine del XV secolo, gli esperti mercanti e commercianti ebrei provenienti dalla penisola iberica erano tra i primi destinatari delle norme livornine, liberi finalmente di vivere senza l’obbligo di reclusione in un ghetto, liberi di commerciare e di praticare la propria religione, gli esuli ebrei spagnoli e portoghesi sarebbero passati dalle 114 unità del 1601 alle tremila del 1689 per poi crescere nei secoli successivi fino a coprire nell’Ottocento circa il 10 per cento della popolazione locale. La cucina locale non poteva che rispecchiare, al pari della lingua (che non a caso si chiamava “il bagitto” miscuglio di italiano, spagnolo ed ebraico), il ricco amalgama di tradizioni giunte a Livorno dall’Europa e dal vicino Oriente.. Sempre per questo motivo, non è da escludere neppure la versione che vuole la ricetta del Cacciucco come la derivazione di una zuppa ebraica, preparata inizialmente con una base di pomodoro, aceto e spezie unita al solo pesce, senza molluschi né crostacei per rispetto alla kasherut, la corposa preparazione si sarebbe solo in un secondo tempo arricchita di altri prodotti ittici delle cucine di religioni diverse.


Abbracciata da più scuole di pensiero, ancora oggi questa teoria convive insieme alle altre e fa leticare i livornesi in memoria dell’antica pacifica convivenza tra i popoli che ha visto nascere questo famoso piatto. Il Cacciucco livornese è una zuppa di mare, costituita da diverse tipologie di pescato, nessuna delle quali deve sovrastare le altre, a partire da questo principio l’Associazione del Cacciucco, in collaborazione con la Pro Loco di Livorno, ha messo a punto un disciplinare che vuole essere linea guida di un piatto altrimenti facilmente deviabile verso una moltitudine di interpretazioni che rischierebbero di allontanarlo dalla tradizione. In ogni ristorante tipico, come del resto in ogni famiglia livornese, si prepara il cacciucco secondo il proprio gusto e la vera ricetta tipica, poi da non dimenticare che Il vero Cacciucco arcaico è quello fatto con il pesce di lisca. Tra gli aspetti salienti del disciplinare sono definite le tipologie di pescato e le quantità minime e massime ammesse. Nel dettaglio: Pesci di scoglio, ovvero quelli che vivono a profondità prossime ai fondali, fanno parte scorfano, sogliole, triglie, pesce cappone, gallinella, pesce prete, rana pescatrice, tracina, boccaccia, ghiozzo. Non è necessario che ci siano tutti, ma si raccomanda la presenza di più tipologie nella misura da un terzo alla metà del peso totale, molluschi cefalopodi, come polpi di scoglio, moscardini, seppie e totani: se ce n’è soltanto una specie, dev’essere presente da un minimo di un quarto a un massimo di un terzo del peso totale; fino al limite del 50%, invece, se sono almeno due tipologie diverse. Crostacei come canocchie chiamate cicale di mare e gamberi possono costituire al massimo il 10% del totale. Altre tipologie di pescato ammesso sono le cozze (non più del 10%) e i pesci a trance come la murena, il grongo o più comunemente palombo, nella misura massima del 20%. Sulla provenienza, il disciplinare ammette solo il pescato di imbarcazioni che operano e che pescano in Toscana, l’unica eccezione ammessa in questo senso è per il palombo, che è sufficiente sia di origine mediterranea. Bandite invece le specie pregiate, che ne snaturerebbero l’identità di piatto povero, ci sono poi leggi specifiche anche sugli altri ingredienti ammessi, a partire dal pomodoro, elemento essenziale per la preparazione del sugo, che deve armonizzare i sapori, oltre a determinare colore, per legge si possono usare passata di pomodoro oppure pomodori freschi o in polpa, purché di provenienza Toscana, allo stesso modo è ammesso anche il concentrato di pomodoro, che qualcuno preferisce aggiungere per rendere più densa la salsa, come indicazione di massima, nell’antica ricetta si parla di 300 grammi di pomodoro (passato o a pezzi) per 700 grammi totali di pescato in padella. Il vino usato per sfumare e insaporire dev’essere rigorosamente prodotto Toscano DOC o IGT, così come l’olio extravergine di oliva (Toscana DOP o IGP). Facoltativo l’aceto, mentre per gli ortaggi, sedano, carota, aglio e cipolla, erbe aromatiche, salvia e prezzemolo, le spezie e persino il sale è prescritta l’origine toscana. Infine, il pane: elemento considerato di fondamentale importanza, il disciplinare impone che sia pane raffermo a lievitazione naturale prodotto con farine di grano autoctono o da panifici aderenti al Consorzio del pane Toscano, la legge vuole che le fette di pane siano tostate e strofinate con aglio di provenienza toscana ovviamente.


Il Cacciucco è uno dei piatti più complessi in assoluto della cucina italiana, perché per quanto si pensi sia una zuppa di pesce che cuoce e bolle tutta insieme affogata nel pomodoro, non è affatto così. Il Cacciucco che finisce tutto insieme, si compone, solo nell’impiattamento finale, prima cuoce separato, con una cottura diversa per ogni tipo di pesce, il segreto del Cacciucco è proprio questo: nasce separato, quindi sono tanti piatti che confluiscono in uno: Il polpo deve cuocere di più, il palombo di meno, le cozze due minuti, le cicale un altro tempo ancora, immaginatevi una distesa di pentole e padelle, una per ogni varietà di pesce impiegato quel giorno, tutti i fuochi della cucina accesi per arrivare al risultato finale: un vero e proprio assemblaggio di mare, un po’ di questo e un po’ di quello, per raggiungere la porzione di un chilo servita in tavola. La Pro Loco livornese e le Associazione del Cacciucco hanno promosso e coordinato un Comitato di Certificazione, che comprende rappresentanti di vari enti e associazioni, tra cui Comune di Livorno, Camera di Commercio, ADICONSUM, oltre a FISAR e Accademia Italiana della Cucina, tra le attività del comitato quella di tenere aggiornato l’elenco dei ristoranti e delle attività che operano secondo le linee guida del disciplinare e che possono quindi esporre il marchio registrato “Cacciucco Certificato 5 C”, un modo per tutelare consumatori e turisti che vogliono assaporare questa specialità tipica unica, nel rispetto della tradizione a cui è ispirata, senza rischiare nei tarocchi o in trattorie ingannevoli. D’altronde, non si può nemmeno pretendere che il Cacciucco di oggi abbia la forza del Cacciucco di ieri l’altro, quando per prepararlo si mettevano 16 qualità di pesce e un giorno intero di cottura, oggi che siamo tutti delicatini con problemi di colesterolo e di soprappeso, è sufficiente mettere nella pentola seppie nostrali e polpi di scoglio, palombo fresco, una gallinella, un pesce cappone, uno scorfano, che tutti insieme garantiranno un sugo resuscitamorti, la gallinella, il cappone e lo scorfano rimarranno nella pentola, mentre sopra le fette di pane agliato e abbrustolito vi serviranno le seppie morbide ed i pezzetti di polpo che si sciolgono in bocca, masticandoli piano con le polpe a coste del palombo, avrete anche il balletto (che è di moda) dei gamberi, gamberetti, scampi, vongole e datteri. Il Cacciucco per i livornesi è come una Madeleine Proustiana ben impressa nella mente e nel palato, con il suo gusto inconfondibile, ingombrante e profondo come il mare. Ecco la classifica completa delle migliori trattorie Top e i ristoranti Certificati del Cacciucco per i tifosi aretini che vorranno fare questa esperienza unica nella vita.

1°Prima posizione al top, secondo i livornesi il migliore Cacciucco del mondo è alla Trattoria Il Sottomarino dal 1937
2°Da Galileo Il Tempio del Cacciucco dal 1959
3°La Barcarola dal 1935
4° Ristorante Granduca
5° Trattoria Antico Moro
6° Ristorante Le Volte
7° Osteria La Volpe e l’Uva
8° Ristorante Gennarino
9° Ristorante L’Ancora
10° Ristorante Porto di Mare.


A completamento di questa sublime esperienza gastronomica potreste deliziare la digestione con un Ponce alla livornese: una bevanda di Rumme caldo, caffè forte e ristretto, scorzetta di limone (la vela), cannella e altri segreti, una bevanda che quando la bevi ti prende foco l’esofago, nata per dare conforto ai marinai infreddoliti è diventata a pieno titolo tra le abitudini locali, una miscela veramente esplosiva, in grado di confortare gli animi e far dimenticare i brutti momenti passati. E dopo un’abbuffata di Cacciucco e un “gottino”di Ponce tutti all’Ardenza Stadio Picchi e Forza Arezzo vinci per noi!


a cura di Leo