Alò che s’arbeve – Trasferta di San Giovanni Valdarno
San Giovanni Valdarno sorge nella grande valle del fiume Arno, in provincia di Arezzo, fu costruita nel 200 e si utilizzò la struttura urbanistica precedente, di età romana, che prevedeva una grande piazza centrale da cui prendono il via i due assi viari principali. Oggi, San Giovanni Valdarno conta 17 mila abitanti e la decisione di fondare San Giovanni risale, secondo lo storico Giovanni Villani al 1296. All’inizio il paese venne chiamato Castel San Giovanni e fu costruito a guardia dell’Arno per fermare gli attacchi portati dagli aretini e dai pisani. Stretta tra imponenti eserciti come quelli di Firenze e di Arezzo ed ambita dalle influenti famiglie della Toscana, la “terra nuova” nasce e si sviluppa diventando un presidio militare fiorentino temuto, almeno fino al 500, quando la città perde progressivamente il carattere di avamposto. In seguito la città venne popolata da coloni mandati da Firenze e incentivati da notevoli sgravi fiscali per le tasse. Dopo la caduta di Arezzo, lo stato fiorentino dovette difendere San Giovanni dalle truppe dei Visconti di Milano, che miravano a conquistare le terre del Valdarno in Toscana. Dopo decenni di scontri, il contado di Firenze e tutta la Val d’Arno ebbero finalmente un periodo di pace, che favorì lo sviluppo economico ed un grande aumento demografico. La decadenza del borgo ebbe inizio con una grande epidemia di peste dopo il Cinquecento, che finì per uccidere i due terzi della popolazione. La definitiva rinascita cominciò a partire dal 1772, quando il dominio austriaco mise fine ai vicariati e il Granduca Leopoldo ordinò la bonifica dell’intera valle dell’Arno che favorì la ripresa dell’agricoltura e del commercio con Firenze, essendo le campagne tra Firenze ed Arezzo fra le più fertili d’Italia. Conosciuta come la città natale del Masaccio da vedere è assolutamente il Palazzo d’Arnolfo, che è il punto focale di tutto il centro storico, l‘edificio più rappresentativo della città e di tutto il Valdarno. Soffermatevi ad osservare gli innumerevoli stemmi dei Vicari Fiorentini che si trovano sulla facciata e all’interno, e che testimoniano tutta l’importanza di questo edificio fin dal medioevo, oggi è sede del Museo delle Terre Nuove e spesso ci sono mostre a tema, sempre gratuite. Nella Basilica di Santa Maria delle Grazie è da notare l’originale entrata della chiesa alle spalle dell’altare perché costruita intorno all’immagine della Madonna. All’ingresso della cappella c’è una bellissima lunetta di Della Robbia, di fianco si trova il Museo della Basilica con molte opere di rilievo tra cui spicca “L’Annunciazione” del Beato Angelico. Accanto al museo ecco la bella Chiesa di San Lorenzo ben riconoscibile da fuori con la sua facciata a mattoncini rossi. Al civico 83 di Corso Italia, l’antica Via Maestra, c’è la Casa natale del Masaccio (1401-1428), considerato il padre del Rinascimento, rimasta come nell’ottocento. In Via Cesare Battisti sono da vedere i resti delle antiche mura romane poi suggerisco di provare una passeggiata dentro i caratteristici vicoli chiassi, e di rilassarvi nel verde della pineta del grande parco Cento passi Peppino Impastato, una bella zona verdeggiante nel quartiere “Le Fornaci”. In alternativa andate a passeggiare lungo il Parco fluviale che costeggia l’Arno una vera e propria camminata ecologica. Invece per gli aretini che non badano a spese, da non perdere una visita alla storica Industria Vetraria Valdarnese IVV eccezionale, l’ultima industria vetraria rimasta nel Valdarno, gli articoli in vetro rigorosamente fatti a mano e soffiati sono bellissimi ed è impossibile non comprarli.
San Giovanni Valdarno ha un piatto tipico, famoso a livello nazionale che recentemente ha ottenuto il premio e il marchio di unicità e tipicità in Italia: lo “Stufato alla Sangiovannese”. Le sue origini risalgono agli inizi del secolo presso alcune fabbriche, come la Ferriera, storica azienda metallurgica nel reparto sbozzo e gassogeni, dove alcuni operai, particolarmente ghiotti e abili in cucina, di nascosto dal caporeparto ogni tanto cucinavano uno spezzatino di carne di vitello adulto, col muscolo di zampa anteriore insieme agli ossi del manzo, nel tegame di coccio e girato solo col mestolo di legno. Da quel momento prese il nome di “Stufato alla Sangiovannese” perché solo qui lo si faceva con questi ingredienti. La preparazione dello stufato custodisce anche un grande segreto: il drogo, un misterioso mix di spezie che gli stufatari e le drogherie conservano gelosamente. La cucina tipica di San Giovanni risente delle influenze del Valdarno fiorentino, e dispone di una infinità di ricette a base del pregiato Pollo del Valdarno a Piuma bianca, di piccola taglia e di corporatura asciutta, con le gambe spiccatamente gialle e una carne molto prelibata e leggera, che garantisce la tradizione nel territorio del Valdarno.
Come antipasti tipici troviamo: Pasta fritta Toscana, che è fatta con la pasta di pane avanzata, fritta e si accompagna con i salumi, il Crostone di pane con salsa acciugata, Le Fave al prosciutto, Il Fagiolo zolfino che è un Prodotto DOP tipico della terra delle Balze dal colore giallo come lo zolfo, si caratterizza per la sua buccia finissima e quindi per l’alta digeribilità, La Tarese del Valdarno, è una pancetta di grossa dimensione particolare nella lavorazione e nella stagionatura, non si trova nei supermercati ma solo in quattro macellerie della zona, La Sbriciolona di Reggello, Il Giaggiolo, l’Insalata di petto di Pollo all’aceto, le Polpettine di quinto quarto, i Coccoli con il lardo.
I primi piatti da non perdere sono: La Zuppa regina con gli gnudi, palline di petto di pollo cotte nel brodo di carne, gli Gnocchetti di patate al tartufo fresco, Pasta e ceci, col Cece Piccolo del Valdarno, la Zuppa Cecina, col cece rosa di Reggello, i Ravioli con lampredotto, i Ravioli con ripieno di Stufato alla sangiovannese. Come secondi tipici abbiamo: la Bistecca di maiale con le rape, la Bistecca con l’acciugata che è una salsa tipica della zona e si prepara con acciughe, capperi macinati e mescolati con l’olio extravergine di oliva, l’Ossobuco in umido alla valdarnese, l’Arista al vino Chianti, il Coscio di coniglio disossato, la Trippa su passata di fagioli, la Trippa fritta, il Pollo del Valdarno in porchetta, con una lenta cottura in forno, un trito di finocchietto selvatico, aglio e pepe bianco irrorato da olio extravergine di oliva, il Pollo al mattone arrosto, il Pollo alla Francesina, detto anche pollo lesso rifatto, il Pollo con Rocchini di sedano al sugo, I gambi di sedano con uovo, parmigiano grattugiato, noce moscata e sale, un impasto che si frigge e poi si ripassa nel sugo di pollo, Lo Stracotto di Pollo e Guancia realizzato con patate nel sugo di verdure e pomodoro, Il Collo di Pollo Ripieno tagliato a rondelle alte un dito e bagnato con il brodo, le Sovraccosce di pollo grigliate, la Tagliata di pollo.
I Dolci tipici di San Giovanni sono Le Frittelle di farina di castagne alla ricotta, la Schiacciata Fiorentina, le Ciambelline al Vinsanto, il Buccellato toscano, La Fantoccia che è un antico dolce povero, dove anche la decorazione è semplice e “rustica”, i Tartufi di pandoro all’arancia, deliziosi, a volte fatti con il Cointreau al posto del succo d’arancia, e il Panbriacone del famoso panificatore Gabriele Bonci.
I vini del Chianti, famosi in tutto il mondo, sono il simbolo dell’eccellenza toscana, eppure il territorio dedicato ai vitigni è molto più vasto e ha origini millenarie, già dal tempo degli Etruschi si produce vino in tutto il Valdarno e la zona è dedicata da sempre alla coltivazione delle uve e alla produzione di ottimi vini che oggi si fregiano dei certificati di alta qualità come il Chianti Valdarno DOCG, e il Valdarno di Sopra DOC. Si tratta di vini che provengono da vitigni autoctoni, soprattutto Sangiovese in purezza, ma anche Pugnitello, Foglia tonda o Malvasia bianca, o da vitigni alloctoni come Merlot, Syrah, Cabernet Sauvignon e poco o niente hanno da condividere con le caratteristiche del Chianti Classico. Un must della zona è l’azienda Pancole nata nel 2009 nel Valdarno Superiore, versante ovest. La sua vera opera d’arte è l’etichetta Crono 2011 di Pancole, che è un blend di Sangiovese e Canaiolo, fedele espressione di un’annata particolarmente calda, quello che ne risulta è un Rosso di grande spessore, intenso ed avvolgente, rosso rubino scuro. Al naso spicca un profilo olfattivo fruttato e floreale, intenso, in bocca è disteso, appagante e complesso, chiude un finale di alta fragranza e persistenza, gradi 14,5… un capolavoro.
Per assaporare alcuni di questi piatti io consiglio ai tifosi aretini il Ristorante Osteria dell’Angelo, cucina tradizionale, prodotti poco elaborati per mantenere la materia prima. I piatti sono tutti genuini e saporiti, di un piacere unico, all’Osteria dell’Angelo non puoi sbagliare, è tutto eccellente: in più c’è il miglior Stufato alla sangiovannese di tutta la città, stratosferico.
E dopo pranzo tutti allo Stadio Fedini a incitare il Cavallino……Forza Arezzo vinci per noi …
a cura di Leo