Chiacchierata amichevole con Ezio Capuano
Lo aveva promesso, dopo uno scambio di messaggi ed un primo colloquio e stamani, 20 settembre, Eziolino Capuano, con la gentilezza e la disponibilità che sempre lo hanno contraddistinto, mi ha dedicato una mezzora di colloquio, amichevole e piuttosto interessante. Questo il resoconto, che provo a fare il più affidabile possibile.
Mister, innanzitutto grazie per la disponibilità, ed il tempo che ha deciso di dedicarmi. Complimenti innanzitutto per la prima vittoria di campionato con il Taranto. Una vittoria che leggo meritata, e soprattutto, in rimonta.
È stata una vittoria importante, meritata, oltretutto in rimonta che ci fa respirare un po’, ma ancora ci sarà molto da lavorare. Per ottenere risultati occorre lavoro e sacrificio. I giocatori hanno dimostrato di voler apprendere il mio modo di vedere il calcio, ed anche contro la Torres abbiamo perso immeritatamente.
Prima di iniziare la conversazione “tecnica” sul “Calcio secondo Capuano”, può parlarci brevemente dell’“Eziolino privato”, inteso come marito e padre?
Io sono sempre il solito Eziolino Capuano. Sono spesso stato giudicato per le mie esternazioni, per il mio carattere esuberante, ma sono un professionista serio, che allena dal 1989 e da allora non sono mai stato fermo. Quando non alleno, vado a casa, vivo in famiglia e studio calcio. Ho una famiglia splendida, che mi vuole bene, che ricambio con tutto me stesso, alla quale porto il massimo rispetto. Loro lo sanno, lo percepiscono, e meritano tutto il mio rispetto. Non ho vizi, se non quello di parlare di calcio, vivere per il calcio: lo sanno da sempre, e da sempre mi assecondano.
Lei è arrivato ad Arezzo tra la diffidenza pressoché generale, con il “popolo amaranto” che non aveva dimenticato alcuni suoi comportamenti “particolari e bizzarri”. E’ riuscito a far cambiare idea ai tifosi, anche ai più restii, attraendo le loro simpatie con il suo lavoro, i risultati, le “corse pazze” sotto la curva sud, a testimonianza della sua passione.
Ad Arezzo e con l’Arezzo ho scritto una pagina indimenticabile della mia storia e della storia dell’Arezzo. Sono arrivato con l’Arezzo in serie D, avvertivo l’aria di diffidenza nei miei confronti, ma soprattutto l’insofferenza degli aretini per quella categoria. Ho convinto, stressandolo a più non posso, Ferretti a chiedere il ripescaggio, io ho predisposto la domanda, io l’ho consegnata, prendendo il treno alle 6 di mattina, per arrivare entro i termini. Ci siamo ritrovati dalla sera alla mattina in serie C, ho rifatto la squadra in 3 giorni, e chiuso il campionato al nono posto. Poi Ferretti ha pensato di aver capito tutto del calcio, ed ha cominciato a fare di testa sua. L’epilogo è stato quello che tutti conoscete.
Lei è considerato un “difensivista”, un “promotore del non gioco”, eppure, qua ad Arezzo, è riuscito a rivalutare un ancor giovane Tremolada, e rivitalizzare un giocatore come Erpen, ormai quasi al tramonto di una brillante carriera. Sono due giocatori di spiccate caratteristiche offensive. Come spiega questa strana “contraddizione”?
Guardi nella carriera ho saputo lanciare, rivalutare o rivitalizzare giocatori sconosciuti, o di belle speranze o alla fine della carriera. È successo ad Empoli, è successo con Tremolada ed è successo anche con Erpen. Ma non sono gli unici giocatori lanciati o rilanciati da Eziolino Capuano, perché nella mia carriera ce ne sono stati diversi che hanno poi fatto una carriera straordinaria.
In un calcio cambiato, dove l’importante è segnare un gol in più, attaccare la metacampo avversaria, Lei continua a portare avanti, comunque la sua teoria del “prima non prenderle, e poi colpire?”
Non credo che vada bene definirmi un “difensivista”, o un amante del non gioco. Io metto, o cerco di mettere, in campo una squadra il più equilibrata possibile, dove difesa, centrocampo e attacco fanno parte di un corpo unico, coprendo tutti gli spazi e cercando il più possibile di raggiungere lo scopo di una partita: segnare e vincere. Per questo divido i momenti di una partita in fase difendente e fase attaccante. Ma non mi reputo un difensivista.
Lei ha pubblicato, qualche anno fa, il libro “Il mondo di Eziolino”, dedicando i primi due capitoli proprio alla sua avventura nell’Arezzo. Su quel libro, poi, Vincenzo Montella, suo amico e collega, afferma che, rispetto alle sue capacità professionali, non ha avuto i risultati che, sportivamente, avrebbe meritato. Colpa del suo carattere “particolare”? Si è mai sentito un personaggio “ingombrante”?
Vincenzo Montella è un amico, un professionista serio, che merita la carriera che ha fatto e che tuttora facendo. Certo, riconosco anche io che il mio limite, spesso, è proprio il mio carattere! Ma io sono fatto così: quando lavoro per una società, ci metto tutto me stesso, senza limiti di sorta. Da qui anche alcuni spiacevoli inconvenienti, in cui sono incappato nella mia carriera.
E’ arrivato ad Arezzo chiamato dal duo Ferretti/De Martino, in previsione della serie D, ma poi obbligò la società a chiedere, ed ottenere, il ripescaggio. Rifece la squadra ex novo, tenendo comunque in equilibrio i conti, ed ottenne il nono posto, conquistando il diritto a partecipare alla Coppa Italia Tim. Quali e come erano i suoi rapporti con Mauro Ferretti? E’ cambiato qualcosa, in quel rapporto, dopo il suo esonero (a due giornate dalla fine del campionato)?
Guardi, questo lo può scrivere a caratteri cubitali: Ferretti ha fatto bene solo un anno, nella sua breve carriera di dirigente, ed è l’anno in cui l’Arezzo L’HO GESTITO IO, Eziolino Capuano! L’Arezzo lo sentivo io, ero il primo ad arrivare: alle 7 di mattina aprivo la sede, poi arrivavano i pochi collaboratori, una decina, che mi ero scelto, ed insieme gestivamo la società, in tutto e per tutto. Poi, ripeto, Ferretti ha pensato di aver capito tutto, ed ha cominciato a far di testa sua. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: fallimento dell’Arezzo, fallimento del Livorno, la scomparsa di Rieti. La storia non dimentica …
Ferretti come Attila?
Con la differenza che dove passava Attila spariva l’erba, dove passa Ferretti …
Nella sua permanenza ad Arezzo, salì agli onori delle cronache nazionali (Novembre 2015), per il caso “Sperotto”; a distanza di 7 anni, può spiegarci qualche particolare in più di quel caso? Nello spogliatoio, oggi quali sono i rapporti con i suoi giocatori? Pretende sempre che in campo scendano “20 maiali assatanati”?
Guardi, quella è una bruttissima pagina, non della mia vita, ma di quel ragazzo. Io ero incavolato nero, per la brutta figura rimediata, e volevo spronare i ragazzi, come si fa spesso in queste occasioni. Lui ebbe la bella idea di registrare tutto, ed inviare la registrazione ad alcuni amici. Non pensò minimamente che potesse diventare di dominio pubblico, come invece avvenne. La decisione di metterlo fuori rosa fu immediata e condivisa: non si divulga mai, in quel modo, ciò che succede dentro uno spogliatoio di calcio. Io, però sono ancora qua, Lui ha cominciato una parabola discendente.
Ad Arezzo si vociferava che c’entrasse anche De Martino Junior, nella divulgazione dello sfogo. Se dovesse ricapitarLe di allenare Sperotto, come si comporterebbe?
Per onestà intellettuale, non so se a divulgarla si rese complice De Martino, ma la registrazione fu fatta da Sperotto. Se mi dovesse ricapitare di allenarlo? Non credo che Sperotto abbia voglia di essere nuovamente allenato da Eziolino Capuano …
Subito dopo l’esonero, Lei scrisse una lettera aperta al “suo popolo amaranto”; in particolare nella parte finale, Lei ha scritto: “A voi che mi avete conosciuto, amato e rispettato voglio inchinarmi. Non ci sono parole per esternarvi tutta la mia gratitudine. Sarò Aretino a vita, rimarrò uno di voi, sempre tifoso dell’Arezzo. Speravo quanto meno di essere rispettato dal punto di vista umano da chi, oggi, ringrazio comunque pubblicamente per la possibilità che mi ha dato per avervi conosciuto. Vi lascio dicendo che vi amo con tutto il cuore e con una promessa che sarà anche il mio sogno ricorrente: un giorno ritornerò.” Parole importanti, scritte con il cuore, parole che gli aretini non dimenticheranno. Lei se le ricordava?
E come non me lo ricordo? Non molti sanno che sono stato molto vicino a tornare ad Arezzo, sa? Ricevetti la telefonata di Muzzi, dopo un 4 a 1 subìto dall’Arezzo (dovrebbe essere a Carpi), che mi convocava a Roma per un colloquio negli uffici del Presidente Manzo. Arrivai con il cuore in gola per l’emozione di tornare ad Arezzo; parlai con Muzzi, che mi avrebbe fatto risapere da lì a pochi giorni. Mi richiamò, dicendo che la scelta era caduta su Camplone. Ma non dico che non potrebbe succedere: sono tornato a Taranto dopo 21 anni: pensi che l’ultima partita che disputai a Taranto, ventuno anni fa, fu una vittoria per 2-1; domenica, dopo ventun’anni, ho ripetuto lo stesso risultato.
Quest’anno ha avuto modo di vedere l’Arezzo?
L’Arezzo non può e non deve giocare in serie D! l’ho ripetuto, forse lo scorso, in un’altra intervista: vedere l’Arezzo in serie D è come vedere Belen che fa la barista! Giovannini e Indiani sono una garanzia per questa categoria, ed ancor di più lo sarebbero in serie C. Spero che il campionato si chiuda con la meritata promozione.
Siamo in chiusura e da una promessa datata, ne chiedo un’altra: la sua disponibilità ad essere presente, uno dei prossimi lunedì, alla trasmissione che va in onda alle ore 21,00, in streaming, su Blog Amaranto, dal titolo Club Amaranto. Conduce in studio Andrea Enrici, con Franco Peruzzi, David Bondi e David Purpura. Posso strapparle un suo “Si, parteciperò”, indicandoci poi quando potrà essere possibile?
Sarà un piacere parlare dell’Arezzo. Risentiamoci fra qualche settimana…
Grazie Mister. Auguri per la stagione e a risentirci presto.
Grazie a lei. Un sincero saluto a tutto il popolo amaranto.
Non voglio e non posso aggiungere altro: Grazie Mister, per la gradevole conversazione!!
intervista curata da Patrizio Blonda