Che invidia!
Oggi, dopo avere invidiato per anni realtà calcistiche vicine come Pontedera e Empoli, che sono riuscite nel tempo a formare società solide e locali, in grado di costruire una crescita societaria e tecnica costante negli anni, che sta dando loro tante soddisfazioni con campionati probabilmente superiori alle proprie possibilità e aspettative, mi tocca ammirare una realtà della provincia di Arezzo che, ripartendo dalla 2ª categoria è riuscita, vincendo campionato dopo campionato, a tornare in una categoria più consona alla propria tradizione. Tutto questo crescendo ogni anno come società, come strutture e come dirigenza, facendo sempre il passo lungo quanto la gamba e affidandosi a competenze, giocatori e tecnici della zona. Sto parlando del Montevarchi, che con la vittoria di ieri contro la Lucchese ha fatto un passo decisivo verso la permanenza in Lega Pro e probabilmente senza passare dai playout. La lezione data è anche forte a una città come Arezzo, per il coraggio e l’amore dimostrato da pochi imprenditori, che hanno saputo unirsi per il bene comune, creando un connubio vincente e stabile nel tempo, che non poteva portare altro che risultati positivi. Tutto il contrario di quanto stabilmente è avvenuto da noi, dove costruire, unirsi, obbiettivo comune sono parole sconosciute, dove lo sperperare soldi a vanvera è chiamato investimento, dove l’obbiettivo sportivo da un paio di stagioni a questa parte è diventato il ripescaggio (ovvero altro sperpero di denaro). Questo non capendo che il primo investimento va fatto e con urgenza nelle competenze in grado di gestire una società sportiva, nelle strutture dove svolgere queste attività e in un team di tecnici in grado di valorizzare i protagonisti della pratica sportiva, sia che si parli di settore giovanile che di prima squadra. Questa è la costruzione di una società sportiva efficiente, capace nel tempo di formarsi in casa atleti in grado di poter vincere campionati o di essere utilizzati per finanziare le attività, contando il meno possibile sul mecenate di turno, che tiene in piedi la baracca finché ne ha voglia o non finisce i soldi. Siamo quasi al termine dell’ennesimo campionato fallimentare, si parla di lottare per arrivare terzi? Secondi? La grancassa societaria, dal Presidente redento a gran parte di stampa attraverso comunicati stampa o comunicati congiunti, ricomincia a tirare fuori la panacea del ripescaggio (deve essere una malattia stagionale come l’influenza, mentre ancora sto aspettando i documenti che attestino che la scorsa stagione sia stato fatto tutto regolarmente nei tempi e nei modi). Sarebbe bene invece cominciare a mettere i pezzi giusti del puzzle al loro posto a partire da ora, cercando di salvare quel minimo di valore tecnico che abbiamo in casa e che pare sempre una barca abbandonata alla deriva, dove le libere esternazioni pre e post gara contribuiscono a dare un’immagine ancora più “dilettantesca” a questa società. Ah già… siamo nei dilettanti e quasi non me ne ero accorto visti i tanti “professionisti” pescati in qua e in là in tutta Italia, preferibilmente in Sicilia, ma anche in Puglia e in Campania, poi risbolognati velocemente a casina loro. La strada intrapresa per uscirne (dal dilettantismo) a mio vedere pare tanto tanto lunga.
di Vecchia Guardia