Pillole amaranto – Quella Curva che non c’era
Quando nel settembre del 1961 fu inaugurato, lo stadio di Arezzo era composto da solo tre settori, due di tribuna (superiore e inferiore) e la maratona. Solo nel febbraio del 1965 con la partita Arezzo–Ternana (1-1) fu aperto al pubblico un nuovo settore chiamato curva nord. L’intento del Comune era probabilmente quello di costruire prima il settore più vicino alla città e poi in seguito completare l’anello in caso di bisogno e di richiesta da parte del pubblico.
Per anni al posto della curva sud ci sono stati dei gradoni di terra, lasciati alle erbacce, protetti da una recinzione di lastre di cemento armato prefabbricato, diventato con il tempo luogo di ritrovo di “portoghesi”, che con abilità indubbia riuscivano a crearsi fessure e piccoli buchi per gustarsi la partita. La tramontana e la polvere in grado di gonfiare e arrossare gli occhi dei temerari non erano un impedimento e nonostante la società facesse di tutto per ostacolare la visuale con teloni e tubi, si può sicuramente affermare che il settore fosse popolato anche all’epoca. Per diversi anni di una nuova curva non se ne è avvertita la necessità, il tifo organizzato dell’Arezzo si era stabilizzato dopo un breve periodo al primo ingresso della maratona (quello verso la sud) nella parte centrale del settore. Lì per molti anni la parte più calda del tifo aretino ha dato sostegno agli amaranto.
Con la promozione in Serie B dell’anno 1982, fu deciso di dotare lo stadio di un nuovo settore e quindi costruire la curva sud. Realizzata in gradoni prefabbricati (mi pare fossero 8), era la parte moderna dell’impianto, rialzata, senza la recinzione offriva una visibilità buona della partita. E’ stato il settore che negli anni ha visto sempre una notevole affluenza e dove i club organizzati si sono trasferiti facendolo diventare la curva sud, una delle più colorate e calde del panorama nazionale. La curva fu costruita in una estate. Inaugurata in tempo per la prima partita interna della stagione ’82/’83, Arezzo – Foggia 0-0. E’ stata per anni il ritrovo domenicale di generazioni di tifosi che hanno vissuto una parte di quel calcio genuino, tradizionale, che quelli della mia età ricordano con nostalgia. La partita alla domenica, l’orario sempre il solito per tutti, scandito dalle stagioni, la passione portata su quei gradoni, il rito che ci è stato tolto per quello che viene chiamato calcio moderno.
Con la vittoria del campionato di Lega Pro del 2004 (e le elezioni imminenti) fu presentato alla stampa e alla popolazione un bellissimo plastico di come sarebbe diventato lo stadio di Arezzo. Ristrutturato un settore a stagione, tutto coperto e modernissimo, a partire dalla nuova curva sud. Tutti entusiasti e via ai lavori con la demolizione della stessa, demolizione che avvenne in un batter d’occhio. E qui comincia un’altra storia.
Una storia vissuta con l’amico cittino66 (ciao Emiliano) per chi seguiva i social al tempo dei Botoli Ringhiosi. Dal primo all’ultimo giorno ci siamo presentati al campo, abbiamo contato i pozzi (un centinaio), le travi, i bulloni e finendo anche le panche che compongono la nuova struttura. Abbiamo vissuto una estate spensierata, seguendo i lavori passo dopo passo, io ero “Inge” e lui era “Gnere” (così oramai ci chiamavamo). Ci rendemmo conto quasi subito che quel progetto mastodontico non sarebbe mai stato completato in quel breve periodo estivo e così fu. La confidenza con gli operai al lavoro cresceva giorno dopo giorno, oramai eravamo diventati loro tifosi, contavamo le assenze e le presenze degli stessi analizzando le performance costruttive delle diverse squadre di carpentieri. I lavori procedevano con mesi di ritardo e la tifoseria organizzata rispedita in maratona rumoreggiava ogni partita, reclamando il proprio settore. Gli operai erano stati precettati in quanto ormai fu promesso che l’apertura della curva sarebbe avvenuta per il derby del 19.12.2004 Arezzo-Perugia (1-2). Quando fu montata l’ultima panca io ero assente, Emiliano fu il primo aretino (stante l’amicizia ormai instaurata con gli operai e responsabili del cantiere) a cui fu permesso di accedere al settore completato. Da lassù mi chiamò raccontandomi la sua incredibile emozione e la vista spettacolare che si godeva dalla curva. Il giorno successivo ci ritrovammo sui gradoni più alti a sognare, a pensare ai cori, vedendo nella nostra immaginazione la maglia amaranto scorrazzare vincente per il campo. Non sempre è andata così, ma l’emozione di quel giorno me la porto dentro il cuore insieme al ricordo di un vero amico ogni volta che varco quei cancelli.
di Vecchia Guardia
Lo Stadio “Città di Arezzo” nella sua struttura attuale