La Storia siamo Noi – FERNANDO ORSI
“Arezzo è diventata la mia seconda città, anzi a dirla tutti potrei dire la prima, perchè tantissime volte ho cercato di convincere mia moglie ed i miei figli a venire ad abitare ad Arezzo. Mi è rimasta nel cuore!” Fernando Orsi, detto Nando, parla di Arezzo e dell’Arezzo con una voglia contagiosa, tanto sono rimasti dentro di lui l’amore e l’attaccamento per la squadra e la città. “Arezzo si meriterebbe la serie A, perchè la storia dell’Arezzo parla di attaccamento alla maglia”: queste sono parole di un uomo che non dimentica i suoi 4 anni passati nella nostra terra.
Quando è arrivato ad Arezzo?
“Avevo terminato la stagione 1984/85 con la Lazio, ma l’annata per quanto riguarda i risultati della squadra fu negativa (retrocessione in serie B), nonostante io fossi stato convocato con la Nazionale U21 e fossi risultato uno di migliori portieri del torneo. La dirigenza decise di fare piazza pulita di alcuni giocatori, in particolar modo del gruppo dei “romani” e subito Mariottini cercò di convincermi a venire all’Arezzo, ma inizialmente non ero convinto, visto che avrei sperato di rimanere in serie A. Poi la voglia del nuovo Presidente Nofri e l’ostinazione di Mariottini mi fecero accettare la piazza ed è stata una delle migliori scelte della mia vita”.
Quale fu l’impatto con la tifoseria e la città?
“La gente si aspettava tantissimo da me, visto che venivo dalla serie A e da una squadra importante come la Lazio, ma l’inizio fu veramente difficile perchè non riuscivo mentalmente a liberarmi del fardello del passato e nelle prime 10/12 partite commisi anche errori che in condizioni normali non avrei mai commesso. Oltretutto, in quel momento mi allenavo senza preparatore dei portieri perchè faceva tutto Mario Russo; poi, arrivò al suo posto il maestro Riccomini, uomo pragmatico e vincente, ed incontrai la persona che ha dato una svolta alla mia carriera: Mario Rossi. Il grande Pinella, come preparatore dei portieri, ha cambiato il mio modo di approcciarmi e vivere il ruolo di n.1, di allenarmi e mi fece fare una svolta mentale incredibile, che poi migliorò le mie prestazioni e, immagina, mi portò anche a vincere il Cavallino d’Oro.”
Devo raccontarti un aneddoto perchè, come ho detto, all’inizio della mia avventura amaranto non ero entusiasta di scendere di categoria ed all’epoca allenatore della Primavera, Tonino Duranti, il primo giorno di allenamento mi vide negli spogliatoi un po’ cupo e cercò di tirarmi sù di morale; fu però soltanto un brevissimo periodo perchè dopo l’amore della gente di Arezzo nei miei confronti mi stimolò e penso di aver lasciato un bel ricordo sia come giocatore che come uomo.
Che tipo di giocatore era Orsi?
Ero un portiere di posizione, di personalità che amava guidare la difesa, abile nell’uno contro uno, con un’ottima tecnica di base. All’epoca il ruolo e, soprattutto, la figura del portiere erano differenti perchè, come me, giocavano tra i pali giocatori non alti, che dovevano sopperire con la posizione e la personalità.
Allenatore con cui ha più legato?
Come ti ho detto il rapporto che ho avuto con Pinella Rossi è stato straordinario e gli devo veramente tanto. Come allenatore ho legato in modo speciale con il maestro Riccomini, persona meravigliosa e molto concreta, che sapeva infondere nei giocatori umanità e sicurezza perchè conosceva la serie B come pochi. Oltretutto sapeva tenere molto bene il gruppo, grazie alla sua simpatia ed alla sua battuta sempre pronta.
Compagno di squadra con cui ha più legato
Ho un rapporto bellissimo con Domenico Neri con il quale mi sento molto spesso e mi incontro quando passo da Arezzo. Però devo dirti che il rapporto con Menchino si è intensificato da ex calciatore perchè quando giocavamo c’era troppa differenza di età. Quando sono arrivato ad Arezzo, infatti, Domenico era già vecchio!! (“speriamo non mi senta!! e ride). Nel mio periodo ad Arezzo frequentavo moltissimo Carletto Muraro e Guido Ugolotti ed uscivamo tutti i giovedì, poi Andrea Mangoni e Franco Ermini; eravamo grandi amici in quegli anni meravigliosi.
Partita più importante.
Perugia-Arezzo del 15 maggio 1986 (2 a 0 per l’Arezzo con reti di Facchini e Ugolotti) senza ombra di dubbio perchè per i nostri tifosi era il vero derby e quell’anno con quella vittoria al Curi, il Perugia retrocesse in C (addirittura quell’anno gli umbri dalla C1 scesero di un’altra categoria per motivi disciplinari); fu una gioia immensa, soprattutto, per la gente amaranto che ci aveva seguito in massa sotto una pioggia battente. Quella per me fu la grande soddisfazione con la maglia dell’Arezzo proprio per il grande regalo che riuscimmo a fare ai nostri tifosi; noi giocatori eravamo più felici nel vedere l’entusiasmo del nostro popolo, piuttosto che per il risultato sportivo.
Come giudichi i tuoi anni ad Arezzo?
Ho giocato ad Arezzo due anni consecutivi in serie B – 1985/86 e 1986/87 – , poi nella stagione 1987/88 sono rimasto fermo per alcuni mesi perchè Bolchi non mi voleva, in quanto preferiva un portiere che uscisse dai pali e per questo presero il mio amico Nico (Facciolo ndr), poi tornai a 15 domeniche dalla fine con Angelillo, ma ormai non era più possibile salvare la squadra e retrocedemmo in C1.
Poi, sono rimasto la stagione 1988/89 in serie C perchè la società aveva promesso di puntare ad una immediata risalita, ma non fu così.
“Ho giocato quasi 4 anni ad Arezzo (125 presenze) e devo dirti che sono stato talmente bene in città e con i tifosi amaranto, che in quegli anni non ho mai pensato al fatto che giocavamo in categorie inferiori – B e C.”
Perchè sei andato via ?
Dopo un’annata balorda come quella della stagione 88-89, cominciai a guardarmi intorno anche perchè, nonostante ad Arezzo stessi benissimo, la C1 mi stava veramente stretta ed alla Lazio cercavano un portiere da affiancare ad un giovane emergente come Valerio Fiori e così mi chiamarono ed accettai molto volentieri. E poi tra giocatore ed allenatore ci sono rimasto per 15 anni.
Sarei potuto tornare ad Arezzo nel 2006 come allenatore, perchè avevo deciso di non seguire più Roberto Mancini come collaboratore ed il direttore Pieroni mi aveva contattato, tanto che parlai con il presidente Mancini ed avevo già firmato un pre-accordo. Purtroppo la risoluzione dall’Inter si bloccò per alcuni problemi di scambio di giocatori tra le società e l’Arezzo virò su Antonio Conte. Mi sarebbe piaciuto sedermi sulla panchina amaranto, anzi ne sarei stato onorato!
Segui l’Arezzo attuale?
Mi capita difficilmente di poter vedere partite dell’Arezzo, ma mi interesso sempre sui risultati degli amaranto. Poi lavorando a Sky sono a stretto contatto con Beppe Bergomi ed ho saputo che la figlia dello Zio dovrebbe essere fidanzata con Gori; tanto che parlando con Bergomi mi ha detto che quest’anno tifa gli amaranto e la cosa mi aveva abbastanza sorpreso, poi sapendo della figlia ho capito!
Parlando della Serie C devo dire che sia una categoria difficile, specialmente se incontri una squadra come il Monza; in tal caso è molto probabile non vincere il campionato e, quindi, pur devi fare quasi un altro campionato giocando lunghi ed estenuanti playoff e devi sperare di non esserti spremuto troppo durante la stagione regolare, di avere la giusta condizione fisica e che ti giri la fortuna.
L’Arezzo ha la struttura societaria e tecnica per stare tranquillamente in zona playoff e poi lì ti devi giocare il tutto per tutto; l’anno scorso fosse girata in modo differente la semifinale contro il Pisa, avrebbe potuto essere il momento giusto per tornare in questa benedetta serie B.
Oltretutto la serie C è un inferno economico per le società e devo sottolineare che anche da un punto di vista tecnico è veramente scadente. Nel 1988 – l’unico anno di C giocato ad Arezzo da Orsi – in squadra con me c’erano giocatori del calibro del Cobra Tovalieri, di Ugolotti e di Scanziani; ora questo livello tecnico se lo sognano. Nel 1980 ho giocato in C1 a Parma e c’erano giocatori che dalla serie A sceglievano di venire in C per crearsi una carriera ed ambire a grandi guadagni.
Aneddoto particolare
Proprio prima della partita Perugia-Arezzo, eravamo in ritiro a Cortona e mister Riccomini voleva fermare la loro ala, Morbiducci, e gli venne in mente di metterci Muraro, che non aveva mai giocato terzino. Venne in camera nostra – io dormivo proprio con Carletto – e cominciò a parlarci, facendogli capire che uno con la sua esperienza – Riccomini non amava molto sperimentare i giovani, ma preferiva affidarsi ai “vecchi” – avrebbe limitato questo Morbiducci. “Carletto questa è una grande idea, così risolviamo il problema”, ma la risposta di Muraro fu perentoria “Mister, io terzino non ci gioco, ho sempre fatto l’ala e non voglio cambiare alla mia età”, Riccomini, allora, aprì la finestra e scherzando fece finta di buttarsi di sotto e Carletto si mise a ridere e rassicurò il mister. Eravamo veramente un gran bel gruppo!!
La passione di Nando Orsi nel parlare di Arezzo e dell’Arezzo è coinvolgente; fa veramente piacere sentire un personaggio importante del mondo del calcio, parlare con tale amore della sua esperienza in amaranto. Ad un certo punto, parlando della Lazio, gli chiedo se lui sia un tifoso laziale e lui mi risponde candidamente “certamente ci ho vissuto quasi venti anni, anzi se devo dire la verità io mi sento lazioaretino!! Grande Nando, vola per noi!!
di David Bondi alias Ferrero