Arezzo, un’idea per ripartire
Tanto tempo fermi, ma forse per l’Arezzo è una occasione per riprogrammare il suo futuro e per capire quello che vogliono fare da grandi questa città e questa società.
Questi mesi dove il pallone non ruzzola causa quarantena, le attenzioni degli addetti ai lavori sono orientate su come e se concludere la stagione. Sicuramente chi ha posizioni in classifica da difendere vorrebbe giocare, chi rischia di retrocedere vorrebbe cristallizzare la situazione. L’Arezzo è in una situazione ibrida, stretta fra una classifica modesta e un conto economico pesante e per completare la gestione il Presidente dovrebbe fare ancora ingenti sacrifici. Mai come in questo momento mi pare ci sia l’occasione giusta per fare un punto zero e ripartire con una riprogrammazione di tutta la società.
In un articolo precedente sui motivi per cui l’Arezzo non era mai stata in serie A, avevo commentato mettendo in risalto la mancanza di cultura sportiva (non di soldi, quelli a volte ne sono stati spesi anche tanti e male) di presidenti passati e la presenza di una piazza insofferente. La tragica situazione del momento farà sì che molti patron, economicamente sfiancati dalle gestione delle loro attività, saranno in difficoltà e non vorranno spendere soldi nelle squadre di calcio. E’ il momento quindi di proprietari appassionati che non vogliono (o non possono) abbandonare il giochino e abbiano idee valide. Noi abbiamo la fortuna di averne uno sicuramente appassionato e un DG che in fatto di idee e competenze calcistiche non ha eguali in categoria. Da questi punti fermi mi piacerebbe ripartire, è il momento in cui i soldi devono essere spesi per migliorare la società e per la costruzione delle sue basi: un intervento mirato alle caselle, ben individuato, con una convenzione prorogata a favore della S.S. Arezzo per enne anni, una casa per i ragazzi del settore giovanile, chiaramente gestito dalla società e non in appalto e/o subappalto a terzi, un ristorante, un circolo per i soci e appassionati, una piscina. Tutte attività queste in grado di produrre un rientro economico e magari anche investitori e sponsor, cercando di fare sì che in futuro si spenda quello che chi amministra è in grado di produrre con l’attività sportiva e/o con un minimo di capitale personale.
Lo scorso campionato abbiamo vissuto un sogno, bel calcio, bei risultati, entusiasmo tra il pubblico culminato con il pienone del Derby con il Pisa. I tifosi hanno dimostrato (ancora una volta) di essere vivi. La società si è fatta carico anche di costi superiori a quelli preventivati per alimentare il sogno. La componente che non ha risposto presente è stata quella imprenditoriale, a parte la sponsorizzazione iniziale dei magnifici quattro (che a bocce ferme ho avuto l’impressione si sia trattato del riscuotere sotto forma di nome nella maglia il compenso per i soldi versati nel salvataggio dell’anno precedente), il nulla o quasi. Ad Arezzo vi sono realtà imprenditoriali che potrebbero mantenere la squadra di calcio non in serie A, ma in Champions League. Potrebbero, ma non vogliono e quindi il destino di questa società è quello di vivere in simbiosi nel tempo con un presidente del momento fino a quando non si stanca( e spesso quest’ anno l’ho visto stanco e deluso), e con il suo pubblico più affezionato.
Oggi è il momento giusto per il Presidente per mettersi a sedere, confrontarsi con i tifosi le istituzioni e gli imprenditori, raccontare quale calcio sostenibile vuole fare, senza di nuovo rilanciare con un programma tecnico/economico che si basa su sottilissimi equilibri esposti a ogni soffio di vento.
Ma anche noi tifosi diciamoci che società vogliamo.
A qualcuno l’esempio del Pontedera (potrei dire anche dell’Empoli, ma si andrebbe troppo in alto) fa ridere o storcere il naso. Ma io preferisco un presidente che venga a prendere sotto la curva gli applausi perché gestisce, struttura, implementa una società senza svenarsi, anche con risultati sportivi inferiori, ma che la notte dorma sereno senza l’assillo delle scadenze e della liquidità da trovare. Preferisco un presidente che invece di dare i soldi a qualche vecchio “trombone” o ex calciatore li spenda per fare una squadra in più di settore giovanile. Preferisco un direttore sportivo che allestisca una squadra con i soldi che ha, non con quelli che gli danno le altre società insieme a un numero spropositato di atleti, più o meno bravi da gestire. Se manca un giocatore esordisce un ragazzo del settore giovanile.
Ora come ora in Lega Pro se paghi gli stipendi e arrivi in fondo al campionato ti salvi al 99%, quando non fai i playoff. Con un’azione strutturata di settore giovanile di 4-5 anni però riusciresti a creare i giocatori in casa con successive plusvalenze che ti permettono di alimentare la società.
Forse riderete, ma ora come ora è molto più facile che il Pontedera vada in B e noi si fallisca di nuovo che viceversa.
Quindi caro Presidente e cari tifosi, facciamo si che questo campionato a metà diventi l’occasione per costruire le fondamenta del nostro futuro sportivo, ripartendo dalle fondamenta, non dal tetto.
di Vecchia Guardia